I confini più pericolosi del Medio Oriente: da Bagdad a Gerusalemme [volume 1]
Un viaggio per immagini attraverso i luoghi di confine più rischiosi di questa regione.
Vivere all’interno dell’Unione Europea ci ha concesso un lusso che troppo spesso tendiamo a sottovalutare: la libertà di movimento all’interno dell’Unione. Abbiamo interiorizzato a tal punto questa pratica che la stessa parola “confine” ha assunto una connotazione più culturale/identitaria che burocratico/amministrativa. La maggioranza della popolazione mondiale deve però fare i conti con meccanismi diversi, e molto spesso più complessi (laddove non impossibili), quando tentano di uscire dal proprio paese.
Visti, permessi di residenza, passaporti sono tutti strumenti necessari per muoversi da un paese all’altro. La ratio è sia chiara che comprensibile e va innanzitutto attribuita a motivi legati alla sicurezza nazionale. Al mondo esistono però zone in cui anche questi strumenti non sono sufficienti per garantire il passaggio sicuro tra uno Stato e l’altro. Il caso del confine militarizzato più celebre è chiaramente il 38° parallelo che divide Corea del Sud e Corea del Nord. Ma molti altri sono situati nella regione che tutti gli iscritti a MedFiles stanno iniziando a conoscere: il Medio Oriente.
In questo primo capitolo andremmo quindi a scoprire quali sono i confini più pericolosi del Medio Oriente, cercando di comprendere le motivazioni storiche e politiche che hanno permesso la nascita di queste zone di tensione. Prima, però, nel caso vogliate approfondire l’argomento in maniera più approfondita vi consiglio il testo di Tim Marshall “I muri che dividono il mondo” (link affiliato)
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Confine tra Iran-Iraq
Il confine tra l’Iran e l’Iraq si estende dal fiume Shatt-al-Arab alla Turchia ed è, ad oggi, uno dei luoghi più pericolosi del Medio Oriente. Le conflittualità tra i due paesi sono ufficialmente iniziate dopo l’ascesa al potere dall’Ayatollah Khomeini in Iran nel 1979, un fatto che ha portato alla ben nota invasione irachena l’anno successivo. Il conflitto che ne sarebbe susseguito durò otto anni, dal 1980-1988, ma non fu sufficiente ad appianare le conflittualità e le tensioni anche durante i decenni successivi.
Secondo quanto riportato da Al Jazeera il confine tra Iran e Iraq è stato per anni una tratta per il contrabbando, soprattutto nel trasporto di beni verso la Repubblica Islamica a causa del suo noto isolamento internazionale. Il confine è oggi controllato dal lato iracheno da gruppi di origine curda, mentre dall’altro lato dalle guardie rivoluzionarie iraniane. Queste due fazioni sono giunte molto spesso allo scontro armato, causando continue crisi a bassa intensità tra i rispettivi Stati. La situazione oggi è resa ancora complessa dalla presenza di contrabbandieri, molto spesso armati, che non gradiscono l’ingerenza di stranieri nei loro affari locali. Li si può vedere raffigurati nelle immagini scattate da Al Jazeera.
Confine tra Yemen ed Arabia Saudita
Il confine lungo più di 1,300 km che divide Yemen ed Arabia Saudita è probabilmente uno dei luoghi più pericolosi del pianeta a causa degli alti livelli di violenza che si verificano quasi quotidianamente in sua prossimità. Anche in questo caso, la situazione nasce da relazioni più o meno tese tra i due paesi che durano ormai da più di 65 anni e che, come atto conclusivo, hanno visto l’intervento del regno saudita nella guerra civile yemenita iniziata nel 2014.
Sono molte le storie legate a questo confine e tutte nascono dal fatto che l’Arabia Saudita nel corso degli anni ha investito ingenti capitali per costruire un muro “fisico” che delimitasse questa zona (un progetto al quale deve essersi ispirato il Presidente Trump durante la campagna per le elezioni del 2016). Ad ogni modo, i motivi di questa costruzione, almeno secondo le fonti saudite, andrebbero ricondotti a tre diversi tipi di minacce provenienti dallo Yemen: ● il contrabbando d’armi ● il passaggio di terroristi legati ad al-Qaeda ● e il passaggio di rifugiati economici provenienti da alcuni paesi africani, tra cui l’Etiopia e la Somalia.
In un recente articolo apparso sul sito dell’ISPI, la ricercatrice Eleonora Ardemagni descrive i pericolosi scontri a bassa intensità che si verificano regolarmente tra le forze armate Saudite e i ribelli Huthi, sostenuti dall’Iran in questa zona:
In 2020, the intermittent border battle between the Houthis and Saudi Arabia has gained in frequency, accuracy and targets, turning into the most slippery dimension of the Yemen war. This is a rising, dangerous trend: risks of miscalculation accentuate on both sides, also offering new casus belli between conflicting parties.
Border violence follows a scheme. The Zaydi Shia armed movement carries out asymmetric attacks against Saudi territory, mainly targeting military and civilian infrastructures in southern regions (Jizan, Asir and Najran), or Saudi maritime interests, as the border battle spills over into the Red Sea threatening freedom of navigation. The Saudis react by intensifying the airstrikes against Saada and the Houthi-controlled areas.
Confine tra Israele e Siria
Nonostante i numerosi sforzi diplomatici di Israele per migliorare i propri rapporti con i paesi vicini, possiamo affermare che i confini di questo “piccolo” Stato che si affaccia sul Mediterraneo siano ad oggi uno degli elementi più critici della regione. Certo, il caso più importante che verrà approfondito nel prossimo episodio di questa mini rubrica (registratevi a questo link per riceverlo direttamente nella vostra casella di posta), riguarda i confini tra Israele e i territori palestinesi, ma in questo articolo ho intenzione di soffermarmi sulle meno note crisi che avvengono sul confine tra Israele e Siria.
Uno degli elementi al centro delle conflittualità tra i due paesi è la contesa sovranità sulle Alture del Golan, conquistate da Israele durante la Guerra dei sei giorni del 1967 e riconosciute dal Presidente americano Donald Trump come legittima porzione di territorio israeliano nel 2019. Lasciando stare le diatribe giuridiche e politiche connesse alla disputa, è importante evidenziare come ad oggi questo confine continui ad essere uno dei più militarizzati e pericolosi al mondo.
Durante l’ultimo decennio questa zona è stata un vero e proprio campo di battaglia, con la situazione che si è aggravata ulteriormente a causa della guerra civile siriana scoppiata nel 2011. Le truppe israeliane infatti stazionano perennemente nell’area per proteggere i confini da un’eventuale incursione da parte di forze ostili, creando quella che World Atlas ha definito una “live battle zone with bullets flying from both sides”.
Conclusioni: la guerra, i muri, un inaccettabile status quo
In questa prima parte dedicata ai confini più pericolosi del Medio Oriente abbiamo analizzato tre confini fortemente militarizzati. Reticolati, filo spinato, truppe stanziate e contrabbandieri rendono questi luoghi ostili alla presenza di civili. Ad una prima analisi, però, si può notare che queste situazioni si sono sempre generate laddove due paesi hanno mantenuto uno stato di aperta ostilità, se non addirittura di guerra. Giustificazioni come quelle date dall’Arabia Saudita appaiono quindi più come una formalità per “dare un volto accettabile” alle tensioni con lo Yemen, piuttosto che derivanti da minacce alla sicurezza nazionale del paese. [*]
Questo status quo ci permette però una riflessione più ampia. Nei tre casi analizzati, infatti, non stupisce tanto il fatto che paesi come l’Iran e l’Iraq siano in stato di guerra, quanto piuttosto la durata di quest’ultima. La crisi tra Siria e Israele si può ormai datare a un secolo fa (la creazione del confine e le rivendicazioni annesse hanno avuto inizio con la Conferenza di Sanremo del 1920) mentre, come già evidenziato, Arabia Saudita e Yemen hanno avuto relazioni tese per più di 65 anni. [**]
La domanda che quindi è logico porsi è: per quanto ancora dureranno questi conflitti? La risposta, chiaramente, non esiste, ma, davanti a questi muri, siamo i testimoni viventi della dimensione più tangibile dei conflitti pluridecennali che logorano il Medio Oriente. Queste barricate fatte di cemento e filo spinato sono infatti l’esempio della degenerazione della guerra a strumento di “stabilità” e non di risoluzione delle controversie. E le conseguenze, drammatiche e inaccettabili, probabilmente continueranno a durare oltre le menti e le vite di molti di noi.
[*] Ciò non implica che problemi quali il contrabbando o il terrorismo non si siano mai verificati sul confine.
[**] Sebbene con qualche saltuario miglioramento durante gli anni, come per esempio il primo decennio della war on terror.
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